Niente da fare, sembra proprio che Milano non riesca a liberarsi dalla narrazione tossica che tiene in ostaggio il dibattito pubblico sull’emergenza abitativa. Infatti, è stata sufficiente un’audizione in Consiglio comunale di un dirigente Aler per scatenare di nuovo una bagarre politico-mediatica, fatta di accuse reciproche su chi fosse più bravo a fare gli sgomberi e condita con i consueti toni allarmistici, come quelli del Corriere che sabato scorso ha titolato “Aler, lite sui centri sociali: il prefetto ha sospeso gli sgomberi a rischio”.
In realtà non c’è stato nessun fatto nuovo su cui litigare, poiché era tutta una minestra riscaldata, cioè lo stop prefettizio alla campagna propagandistica della Regione sui “200 sgomberi” risalente al novembre scorso. Ma ogni pretesto è buono per parlare della questione abitativa e delle case popolari soltanto in termini di sgomberi fatti e non fatti, di abusivi da cacciare o di antagonisti da contrastare. Eppure, alla fine in quel novembre di follia qualche briciola di verità era riuscita a farsi largo anche su quella stampa che fino al giorno prima aveva parlato solo di scontri e abusivi.
E così, anche un pubblico più largo aveva finalmente saputo che a Milano non c’erano soltanto le circa 4.000 abitazioni popolari occupate, ma soprattutto che ce n’erano altre 10.000 tenute incredibilmente sfitte da chi invece doveva assegnarle. Per non parlare poi di quel clamoroso e scandaloso fallimento chiamato Aler, frutto della prolungata malagestione da parte di Regione Lombardia.
Ma appunto, è molto più comoda la narrazione abusivo-sgombero piuttosto che affrontare il nodo irrisolto della politica per la casa, specie quando sul piano istituzionale sembra prevalere la voglia di scappare da ogni prospettiva di politica pubblica sull’abitare. Infatti, le ricette proposte dalla Giunta Maroni per uscire dal disastro Aler sono delle perfette non soluzioni e replicano semplicemente cose già fatte e fallite nel recente passato. Insomma, di fronte alla crescente emergenza abitativa, con migliaia di abitazioni vuote e una lista d’attesa lunga 25mila aventi diritto la Regione cosa fa? Promuove un “piano di vendite straordinario” di 10mila unità immobiliari dell’Aler Milano (vedi www.alermipianovendite.it), in buona parte abitate regolarmente. Certo, gli inquilini potranno comprare l’appartamento in cui vivono, ma se non lo vogliono o non lo possono fare, allora c’è quello che tecnicamente si chiama mobilità forzosa e che concretamente significa föra di ball.
Il Comune di Milano, da parte sua, aveva scelto di togliere ad Aler Milano l’amministrazione del suo patrimonio di case popolari, per affidarla invece a una sua controllata, la Metropolitana Milanese S.p.A. Una scelta praticamente obbligata, vista la situazione, anche se è ancora troppo presto per poter fare un bilancio, considerato che il passaggio a MM era avvenuto soltanto il 1° dicembre scorso. Tuttavia, se due mesi sono pochi per un bilancio, sono abbastanza per dire che i segnali finora arrivati sono palesemente insufficienti. E a dirlo sono anzitutto i sindacati inquilini, che scenderanno in piazza sabato prossimo e il cui comunicato si intitola significativamente “Giunta Pisapia: la politica per la casa è una cosa seria. Il Comune cambi immediatamente rotta”.
Infatti, una delle prime cose da cambiare è sicuramente il rapporto con gli abitanti delle case popolari e con le organizzazioni e i comitati che li rappresentano, poiché ancora oggi i sindacati inquilini lamentano il non rispetto degli accordi firmati con il Comune, anche in relazione alla regolarizzazione degli occupanti in stato di necessità.
La manifestazione unitaria di Sicet, Sunia, Unione Inquilini e Uniat che si terrà a Milano sabato 7 febbraio (ore 14.30, P.le Cadorna) è una buona notizia, perché significa una ripresa di iniziativa cittadina per una politica pubblica per l’abitare. Ed è una questione che riguarda tutti e tutte e non solo chi abita nelle case popolari, perché l’emergenza abitativa si fa sempre più drammatica e perché il diritto alla casa è un diritto fondamentale. Per questo parteciperò alla manifestazione e vi invito a fare altrettanto.