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il blog di Luciano Muhlbauer

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Maroni fa un mezzo flop, ma il perdente si chiama Pd

October 23, 2017

Mentre scriviamo mancano ancora i dati definitivi sull’affluenza e non sappiamo quando arriveranno. Anche da questo punto di vista il referendum di Maroni non è stato proprio un successone, ma una serie di considerazioni politiche possono essere già fatte.

Meno del 40% di affluenza (la vittoria bulgara dei sì era scontata) per una battaglia che era stata presentata come una mezza rivoluzione è davvero poca cosa. Se poi guardiamo al numero di votanti, vediamo che equivalgono grosso modo al numero di elettori di Maroni più quelli della candidata presidente del M5S (anzi qualcosina in meno) delle regionali 2013, senza contare che ora anche una parte significativa del Pd lombardo aveva invitato ad andare alla urne. Eppure, Maroni non ne esce con le ossa rotte, bensì come un vincente, sebbene non proprio trionfale. Un po’ perché trainato dal successo annunciato di Zaia, ma soprattutto perché la vera posta in gioco in questo referendum era tutta politica e non certo la questione dell’autonomia.

Dal punto di vista delle possibilità di avere maggiore autonomia e più tasse in Lombardia non cambia assolutamente nulla con questo referendum. La situazione è esattamente quella di prima. Anzitutto perché siamo in scadenza di legislatura e quindi qualsiasi trattativa vera e concreta sarà fatta dal nuovo governo regionale con il nuovo governo nazionale. Ora si farà solo campagna elettorale. In secondo luogo, il modesto dato dell’affluenza non aggiunge nulla in termini di legittimità alla richiesta di attivare l’art. 116 della Costituzione, visto che nel 2013 Maroni fu eletto Presidente in elezioni vere su un programma anche più radicale in termini di richiesta di autonomia (il famoso “75% di tasse devono rimanere in Lombardia”). Ma poi, appunto, non mosse un dito in direzione dei suoi impegni elettorali.

Eppure, Maroni esce lo stesso bene da questo referendum. Già, perché i veri obiettivi politici della mossa erano due: primo, imporre la proprio iniziativa e il proprio terreno per la campagna elettorale delle regionali che si terranno a primavera e, secondo, dimostrare a suon di milioni di votanti che il partito nazional-sovranista di Salvini deve scendere a patti con i capi del lombardo-veneto. E non si può dire che, da quel punto di vista, la mossa non sia riuscita. Infatti, è il Pd che esce indebolito dalla contesa, perché costretto a rincorrere un terreno e un’iniziativa altrui e perché si è fatto spaccare dal referendum leghista, con una parte che invitava a votare sì e un’altra parte che diceva di astenersi (in realtà c’erano anche esponenti lombardi che invitavano a votare no). E anche nei confronti di Salvini c’è un indubbio rafforzamento di Maroni e Zaia.

Infine, c’è un ultimo dato da sottolineare, cioè la forte e visibile astensione da parte dell’elettorato milanese. C’è sempre stata una differenza tra il capoluogo e il resto della Regione (così come in generale tra capoluoghi e province), ma questa volta emerge in maniera molto più nitida. Ci mancano ancora i numeri definitivi, ma la città metropolitana ha di fatto snobbato il referendum di Maroni, vivendolo come un fatto estraneo. E sappiamo tutti che questo non è dovuto a una poco credibile convinzione “centralista” o “statalista” dei milanesi, ma piuttosto a una sempre più forte tendenza di considerare Milano e l’area metropolitana come un soggetto che deve trattare in autonomia con il Governo centrale, senza necessità di passare da una Regione più forte. Non esprimo giudizi, ma è senz’altro un dato su cui ragionare.

E come sempre, alla fine di ogni discorso, arriva il momento della fatidica domanda: “ma la sinistra?”. Già, perché la sinistra anche in questa occasione ha inciso poco e ha determinato poco. Non è nemmeno riuscita ad esprimere una posizione unica, visto che la maggioranza ha optato per l’astensione (posizione che ho condiviso) e che un’altra parte ha deciso di andare a votare no (posizione che rispetto, ma che non ho capito e che continuo a non capire). Ma attenzione, queste mie considerazioni non vogliono essere il solito piagnisteo autolesionista, perché sappiamo tutti che le cose non potevano andare diversamente. I problemi da affrontare e da risolvere a sinistra per poter ricominciare ad incidere sono ben altri e nessuna tattica referendaria avrebbe potuto fungere la pozione magica. Ma era giusto ricordarlo.

Aggiornamento: verso mezzogiorno sono arrivati i dati definitivi dell'affluenza che a livello regionale si attesta al 38,25%. I risultati completi vengono pubblicati sul sito dedicato https://referendum.regione.lombardia.it/ (quando e se raggiungibile)

In Politica Tags Referendum autonomia, Lombardia, Maroni
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Gaza e tutta la Palestina non fanno più notizia. È questo il principale risultato dei cosiddetti “accordi di pace”, che in realtà non sono nemmeno un vero cessate il fuoco.  Israele continua a bombardare e bloccare l&
Gaza e tutta la Palestina non fanno più notizia. È questo il principale risultato dei cosiddetti “accordi di pace”, che in realtà non sono nemmeno un vero cessate il fuoco. Israele continua a bombardare e bloccare l’afflusso degli aiuti, mentre gran parte della popolazione di Gaza è costretta in metà del territorio della striscia. In Cisgiordania non va meglio, perché coloni ed esercito proseguono nella pulizia etnica e nella cacciata dei palestinesi dalle loro terre. Questa è la realtà sul campo, mentre qui da noi i complici hanno fatto calare il silenzio e destre e “riformisti” del Pd vogliono persino tappare la bocca ai chi denuncia i crimini di Israele, proponendo la messa fuorilegge della critica al sionismo. Per questo occorre tenere viva la mobilitazione. Tutto il resto sono chiacchiere #Gaza #StopGenocide #EndOccupation #FreePalestine #Resistenza
Continua la campagna del governo Meloni per eliminare manu militari ogni voce fuori dal suo coro. Oggi è toccato all’Askatasuna di Torino. Ma si illudono se pensano che uno sgombero possa chiudere la bocca alle persone. Si illudono e si
Continua la campagna del governo Meloni per eliminare manu militari ogni voce fuori dal suo coro. Oggi è toccato all’Askatasuna di Torino. Ma si illudono se pensano che uno sgombero possa chiudere la bocca alle persone. Si illudono e si sbagliano, alla grande! Giù le mani dall’Askatasuna! #Aska #Askatasuna
PER PINO E LICIA PER NON DIMENTICARE PINELLI ASSASSINATO   La memoria è una cosa importante, serve per affrontare il presente e, soprattutto, il futuro. E non bisogna mai dimenticare Piazza Fontana e la morte poco accidentale di Giuseppe Pinelli, ferroviere e anarchico, accusato ingiustamente nel quadro dei depistaggi all’indomani della strage e fatto precipitare nella notte del 15 dicembre 1969 da una finestra del quarto piano della Questura di Milano. Nessuno avrebbe mai pagato per la sua morte o per le tante bugie e, alla fine, la spiegazione giudiziaria sarebbe stata un misterioso “malore attivo”. Morto Pinelli, il depistaggio continuò e il 16 dicembre fu arrestato un altro anarchico milanese, Pietro Valpreda, che rimase in carcere innocente per 3 anni. Solo molti anni più tardi una parte della verità storica sulla strage di Stato riuscì a farsi largo anche sul piano giudiziario, con l’individuazione dei responsabili della strage nei neofascisti di Ordine Nuovo. La famiglia Pinelli avrebbe dovuto aspettare 40 anni perché lo Stato, nella persona del Presidente della Repubblica Napolitano, riconoscesse la “verità storica” su Pinelli e sulla strage di piazza Fontana. Una verità storica che i movimenti avevano denunciato sin dai primi momenti e che anche oggi, in tempi di galoppante revisionismo governativo, potrà continuare a vivere soltanto attraverso la memoria e l’impegno collettivo. #pinelli #giuseppepinelli #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA
STRAGE FASCISTA E DI STATO
 
Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni p
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO   Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni per svolte autoritarie che potessero fermare i grandi movimenti di massa, di operai e studenti, che negli anni 68 e 69 aprirono nuovi spazi e stavano conquistando diritti sociali e civili per tutte e tutti. Nella strage di piazza Fontana morirono direttamente 17 persone, ai quali va aggiunto Pino Pinelli, ingiustamente accusato e fatto volare da una finestra della Questura di Milano. Anche quest’anno il 12 dicembre i movimenti milanesi, ai quali si sono aggiunte le associazioni palestinesi, sono scesi in piazza non solo per ricordare, ma anche per ribadire che senza il protagonismo delle persone e dei movimenti, senza conflitto, i diritti e le libertà sono sempre sotto tiro, allora come oggi. Specie oggi, in tempi in cui vecchi fantasmi, dalle politiche autoritarie e repressive fino alla guerra, si stanno riaffacciando.   #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA 
STRAGE FASCISTA E DI STATO 

12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente
A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la mor
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO 12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la morte di Giuseppe Pinelli e l’ingiusta persecuzione contro gli anarchici. Non si tratta di un esercizio rituale, ma della necessità di leggere il presente attraverso le continuità che lo attraversano. Ci troviamo alle 18.30 in piazza 24 Maggio a #Milano #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa

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