Niente da fare, l’antifascismo dà fastidio, specie se fuoriesce dai canoni delle celebrazioni e delle dichiarazioni di rito, per farsi invece partecipazione e attivismo. E così, dopo la straordinaria mobilitazione seguita all’attentato fascista di Traini, che ha riempito le strade da Macerata a Milano, travolgendo divieti, paure e retromarce, riecco la vecchia e sempreverde tesi degli opposti estremismi.
Fascisti e antifascisti pari sono è il succo del messaggio che viene gettato in pasto a una delle campagne elettorali più brutte e deprimenti che si ricordi. E quindi, le decine di migliaia di persone del post Macerata, tra cui moltissimi giovani, spariscono da un giorno all’altro dal discorso pubblico e i riflettori vengono puntati tutti sul carabiniere ferito a Piacenza. Si fa finta di non vedere il clima di odio sistematicamente alimentato da mesi da Lega, post e neofascisti, per esaltare invece le immagini degli scontri di piazza, veri o presunti che siano, dove il tutto viene ridotto a un conflitto, a questo punto quasi indecifrabile, tra “estremisti di diverso colore”. Mancavano soltanto il pestaggio di Palermo di un capo di FN e l’accoltellamento di un militante di Potere al Popolo da parte di Casa Pound a Perugia per portare il discorso alla sua apoteosi. E c’è da scommettere che in vista del prossimo weekend, a partire dal Ministro degli Interni, si tenterà di parlare anzitutto in questi termini, magari con l’aggiunta di qualche “allarme sicurezza”.
Beninteso, la tesi degli opposti estremismi non è nuova, né particolarmente originale. Anzi, la destra istituzionale, specie quella che traffica abitualmente con i gruppi militanti della galassia nera, come fa per esempio la Lega a Milano con i neonazisti di Lealtà e Azione, l’ha sempre coccolata e per evidenti ragioni. Dalle parti del Pd, invece, il discorso che andava per la maggiore negli ultimi 10-15 anni era quello di minimizzare, collocando la questione fascista in un passato che non sarebbe potuto tornare e evocando persino delle “riconciliazioni”. Chiaro, in questa ottica anche l’antifascismo diventava, nella migliore delle ipotesi, una cosa da rievocazioni o da feste comandante. Ora invece, quando di fronte al preoccupante scivolamento a destra del quadro politico, italiano ed europeo, e al veleno razzista sparso a piene mani da persone e organizzazioni che aspirano al governo del paese, si produce qualche reazione dal basso oltre gli abituali circuiti, sebbene questa sia ancora incipiente, insufficiente e forse a volte persino ingenua, allora si riscopre la buona vecchia storiella degli opposti estremismi. Comodo, senz’altro, perché permette non solo di autoassolversi, ma anche di proporsi in questa fase finale di campagna elettorale come garanti dell’ordine e della sicurezza, magari in vista di possibili future larghe intese.
Sarà comoda quella tesi, senza dubbio, ma è anche e soprattutto terribilmente deleteria, perché finisce per mascherare la realtà dei fatti. Già, perché se quella degli opposti estremismi è soltanto una tesi, un marchingegno per cavarsela (forse) in campagna elettorale, la legittimazione pubblica dei discorsi razzisti e lo sdoganamento delle organizzazioni nazifasciste sono una triste, ma molto concreta realtà. Se oggi si presentano fatti di violenza (e non solo quelli che vengono sbattuti in prima pagina, ma soprattutto quelli, la maggioranza, che conquistano malapena qualche trafiletto) questo non è conseguenza dell’improvviso apparire di qualche “estremista”, bensì della sistematica costruzione di un clima d’odio e di una narrazione devastante e deviante, come quella della “invasione” e della “sostituzione etnica”.
Oggi far finta di non vedere la realtà e accreditare la leggenda degli opposti estremismi non è soltanto una furbizia elettorale, ma è irresponsabile, miope e colpevole. Lo è a maggior ragione di fronte a una situazione complicata come quella attuale, che vede le organizzazioni di massa storiche in difficoltà e i suoi gruppi dirigenti smarriti (vedi vicenda Macerata), mentre ci sono segnali di una nuova disponibilità e consapevolezza antifascista e antirazzista dal basso che fatica però a trovare punti di riferimento. Anche per questo, la cosa più sbagliata che si possa fare è quella di chiudersi in casa ognuno per sé, invece di scendere in piazza tutti insieme. E bisogna farlo in tanti e tante.
A Milano si preannuncia un sabato nero, con Salvini e Lealtà e Azione in Duomo, la Meloni poco lontano e Di Stefano e i fascisti di Casa Pound addirittura davanti al Castello Sforzesco. Praticamente il centro città trasformato in zona nera, inaccessibile per tutti gli altri. Sarebbe davvero imperdonabile se Milano rimanesse in silenzio di fronte a questo ignobile scenario e non trovasse il modo di ribadire pubblicamente che ripudiamo fascismo e razzismo.
L’appuntamento è per le ore 14.00 in Largo La Foppa (M2 Moscova), sabato 24 febbraio. Seguite l’evento facebook della mobilitazione per aggiornamenti ed eventuali nuove info logistiche. Inoltre, stasera (giovedì) si terrà alle 21.00 al LUME di Via Vittorio Veneto 24 un’assemblea pubblica di preparazione della manifestazione di sabato. E, per favore, fate circolare l’evento facebook.