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il blog di Luciano Muhlbauer

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Il coronavirus e la società che verrà

February 27, 2020

Comunque vada, la vicenda del coronavirus non lascerà le cose immutate. Condizionerà la percezione delle cose e delle priorità da parte delle persone e produrrà conseguenze sul piano sociale, economico, culturale e politico. Questa è una delle poche certezze in questi giorni caotici, pieni di legittime paure e di psicosi più o meno indotte.

Difficile prevedere oggi cosa e come cambierà, anche perché siamo solo agli inizi e ognuno e ognuna di noi sta ancora cercando di metabolizzare la nuova situazione. Eppure, siamo costretti a ragionarci sin d’ora, perché in fin dei conti il nostro futuro non lo scriverà il virus, ma noi stessi, cioè le persone e le forze sociali, politiche e istituzionali in campo.

Ma prima di procedere va fatta una premessa, anzi due, per trasparenza nei confronti di chi legge.

Primo, non faccio il virologo e nemmeno il medico generico e penso che non sia molto furbo pensare di saperne più di loro. Credo, invece, sia molto utile ascoltare quello che ci dicono su come comportarsi, su come funziona il virus, sulla sua letalità e sulla sua aggressività. E su quello che dicono non ci sono molti dubbi, visto che, al netto di qualche protagonismo di troppo, si tratta sempre della medesima cosa, dalla Cina all’Italia: non siamo di fronte alla peste, ma nemmeno alla solita influenza stagionale. Quindi, niente panico, ma non facciamo neanche i pirla.

Secondo, io sto a Milano, zona gialla, e quindi vivo sulla pelle tutte le contraddizioni di questa fase iniziale, a partire dall’incoerenza comunicativa, per usare un eufemismo, delle istituzioni, regionali e nazionali. Insomma, posso andare al super, prendere i mezzi e andare al lavoro in un palazzo dove normalmente ci sono oltre 2.000 persone (ora un po’ di meno tra ferie, smart working e qualche collega bloccato in zona rossa) provenienti da tutta la Lombardia, ma non posso andare al cinema e in palestra, fare un presidio o un corteo e fino a mercoledì sera non poteva neanche andare al bar dopo le 18 (ora sì, ma solo se mi siedo). Certo, nessuno è cretino e tutti capiamo che va trovata una mediazione tra prevenzione sanitaria e funzionamento della città e che questo non è facile, ma la continua oscillazione tra annunci allarmistici e proclami stile “ma è poco più un’influenza” è indubbiamente indice di una classe dirigente che naviga a vista e di cui la vicenda del presidente lombardo, Fontana, è più che paradigmatica.

Detto questo, per ricordarci che stiamo ragionando a caldo, dobbiamo però mettere i piedi nel piatto dei possibili scenari futuri e del nostro che fare, senza cedere alla facile e poco edificante tentazione di prendere un qualche nostro schema conosciuto e applicarlo alla situazione attuale. Invece, mi pare più utile, oggi e qui, partire dall’individuazione di alcuni temi e contraddizioni che senz’altro contribuiranno a disegnare gli scenari futuri.

Libertà e sicurezza: lo Stato autoritario

L’istituzione di zone rosse, che limitano sostanzialmente la libertà di movimento dei cittadini, e di zone gialle, dove viene imposto non solo la chiusura temporanea di alcuni luoghi, ma anche il divieto di assemblee e manifestazioni, è un fatto inedito nella storia repubblicana e avviene oggi con un largo consenso sociale. Difficile pensare che tutto questo non lasci il segno.

Diversi interventi di questi primi giorni hanno, infatti, proposto di riflettere a partire dal concetto di stato d’eccezione, la cui legittimità uscirebbe rafforzata dalla gestione di questa emergenza. Ritengo che quelle letture siano utili e condivisibili, nella misura in cui colgono un nodo centrale, cioè il potenziale rafforzamento di una tendenza in atto da anni, non solo in Italia, dal punto di vista delle persone (la famosa “richiesta di sicurezza”, anche a scapito delle libertà e dei diritti) e delle istituzioni (uno Stato più autoritario e meno sociale, nel quadro di una crescente disuguaglianza sociale). Andrebbe aggiunto, integrando lo scenario cinese nella nostra analisi, che questa emergenza è anche uno straordinario laboratorio per le strategie di sorveglianza per mezzo dell’intelligenza artificiale.

Tuttavia, se lo stato d’eccezione dovesse rimanere l’unico strumento d’analisi, ne conseguirebbe inevitabilmente una lettura monca e distorta dell’attuale situazione, con l’annesso rischio di scivolare sul terreno del complottismo e della negazione del rischio sanitario.

Rapporto uomo-natura: la questione ambientale

Cambiamenti climatici, crisi ambientale, friday for future, inquinamento, biodiversità, sostenibilità ecc. Fino all’arrivo del coronavirus i temi ambientali venivano citati sempre e comunque, a proposito o a sproposito. Ora, invece, stupisce la loro assenza, se non sotto forma di lamento, tipo “i cambiamenti climatici uccidono più persone del coronavirus, ma voi parlate solo di quello”.

Sars, Mers, Ebola e coronavirus sono tutti virus che hanno fatto il “salto della specie”, passando da un animale all’uomo, magari attraverso un ospite intermedio. La novità di questi anni non è il salto della specie, che è sempre esistito e sempre esisterà, ma la frequenza con la quale si verifica questo fenomeno, normalmente molto molto improbabile. Ma qui entra il campo il fattore umano, cioè i processi di antropizzazione, la crescente pressione sull’ambiente e la rottura della sostenibilità.

Già, il mercato di Wuhan, dove in uno spazio ristretto e in condizioni di promiscuità, si trovavano un gran numero di umani, animali da allevamento e animali selvatici. È stato questo contesto a far sì che un evento estremamente improbabile diventasse probabile. Non a caso, infatti, pochi giorni fa la Cina ha proibito il commercio e il consumo di animali selvatici.

Secondo gli scienziati russi, in un futuro non troppo lontano altri virus o batteri, ormai sconosciuti al nostro organismo, potrebbero liberarsi a causa dello scioglimento del permafrost, provocato dal riscaldamento globale. Insomma, dal salto di specie al salto del tempo.

In altre parole, noi umani, i nostri modelli di sviluppo e il nostro rapporto con l’ambiente e gli altri esseri viventi c’entrano, eccome. Forse varrebbe la pena ragionarci con più sistematicità.

Globalizzazione e sovranismo

Il virus non rispetta le frontiere e si propaga veloce in un mondo sempre più piccolo, perché ormai siamo in 7,7 miliardi e ci spostiamo come mai nella storia. E così, scopriamo che quello che succede nel mercato di Wuhan ci tocca quanto quello che succede al mercato rionale.

Scopriamo anche un’altra cosa: non siamo più noi a inneggiare alla chiusura delle frontiere perché abbiamo paura dell’invasore, ma ora sono gli altri che ci chiudono le frontiere in faccia perché siamo noi a fare paura.

La paura di un mondo senza frontiere, dove paghi le conseguenze di un fatto avvenuto dall’altra parte del mondo, e la paura delle frontiere che si innalzano attorno a te. Due paure contraddittorie, che possono produrre reazioni opposte, oggi difficilmente prevedibili, ma che comunque non lasceranno le cose uguali a prima. Per questo è importante affrontarla subito, per non lasciare tutto il campo del dibattito a chi vende il prodotto della paura, dei muri e dei mille confini.

Pubblico e privato

Pochi se ne sono accorti o ci hanno ragionato. Siamo in piena emergenza sanitaria, ma qualcuno di voi ha visto la sanità privata? Beninteso, è ovvio che in una situazione del genere sia il pubblico ad essere al comando, ma l’assenza e il silenzio della sanità privata è assordante e contrasta radicalmente con il protagonismo normalmente esibito, quando si tratta di rastrellare risorse pubbliche e fette di mercato sanitario.

Se c’è una cosa che ci insegna la vicenda del coronavirus, in Italia e nel resto del mondo, è che un sistema pubblico serio e funzionante è la conditio sine qua non per poter affrontare eventi di questo tipo e garantire la salute di ognuno e ognuna di noi.

La funzione del pubblico e i limiti del privato è un tema che ha riacquistato un po’ di dignità negli ultimi tempi, ma l’attuale esperienza può essere utile per fare un altro passo avanti.

Sono solo alcune riflessioni a caldo, perché molto succederà ancora. Ma il futuro è già iniziato e quindi dobbiamo organizzare e condividere la nostra discussione, ora. Per non trovarci impreparati, disarmati o con in mano solo vecchi arnesi quando arriverà il giorno dopo.

Intervento scritto per Milano in Movimento e pubblicato il 27 febbraio 2020

In Politica Tags coronavirus, virus, milano, italia, cina, regione lombardia, zona rossa, zona gialla, epidemia
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Gaza e tutta la Palestina non fanno più notizia. È questo il principale risultato dei cosiddetti “accordi di pace”, che in realtà non sono nemmeno un vero cessate il fuoco.  Israele continua a bombardare e bloccare l&
Gaza e tutta la Palestina non fanno più notizia. È questo il principale risultato dei cosiddetti “accordi di pace”, che in realtà non sono nemmeno un vero cessate il fuoco. Israele continua a bombardare e bloccare l’afflusso degli aiuti, mentre gran parte della popolazione di Gaza è costretta in metà del territorio della striscia. In Cisgiordania non va meglio, perché coloni ed esercito proseguono nella pulizia etnica e nella cacciata dei palestinesi dalle loro terre. Questa è la realtà sul campo, mentre qui da noi i complici hanno fatto calare il silenzio e destre e “riformisti” del Pd vogliono persino tappare la bocca ai chi denuncia i crimini di Israele, proponendo la messa fuorilegge della critica al sionismo. Per questo occorre tenere viva la mobilitazione. Tutto il resto sono chiacchiere #Gaza #StopGenocide #EndOccupation #FreePalestine #Resistenza
Continua la campagna del governo Meloni per eliminare manu militari ogni voce fuori dal suo coro. Oggi è toccato all’Askatasuna di Torino. Ma si illudono se pensano che uno sgombero possa chiudere la bocca alle persone. Si illudono e si
Continua la campagna del governo Meloni per eliminare manu militari ogni voce fuori dal suo coro. Oggi è toccato all’Askatasuna di Torino. Ma si illudono se pensano che uno sgombero possa chiudere la bocca alle persone. Si illudono e si sbagliano, alla grande! Giù le mani dall’Askatasuna! #Aska #Askatasuna
PER PINO E LICIA PER NON DIMENTICARE PINELLI ASSASSINATO   La memoria è una cosa importante, serve per affrontare il presente e, soprattutto, il futuro. E non bisogna mai dimenticare Piazza Fontana e la morte poco accidentale di Giuseppe Pinelli, ferroviere e anarchico, accusato ingiustamente nel quadro dei depistaggi all’indomani della strage e fatto precipitare nella notte del 15 dicembre 1969 da una finestra del quarto piano della Questura di Milano. Nessuno avrebbe mai pagato per la sua morte o per le tante bugie e, alla fine, la spiegazione giudiziaria sarebbe stata un misterioso “malore attivo”. Morto Pinelli, il depistaggio continuò e il 16 dicembre fu arrestato un altro anarchico milanese, Pietro Valpreda, che rimase in carcere innocente per 3 anni. Solo molti anni più tardi una parte della verità storica sulla strage di Stato riuscì a farsi largo anche sul piano giudiziario, con l’individuazione dei responsabili della strage nei neofascisti di Ordine Nuovo. La famiglia Pinelli avrebbe dovuto aspettare 40 anni perché lo Stato, nella persona del Presidente della Repubblica Napolitano, riconoscesse la “verità storica” su Pinelli e sulla strage di piazza Fontana. Una verità storica che i movimenti avevano denunciato sin dai primi momenti e che anche oggi, in tempi di galoppante revisionismo governativo, potrà continuare a vivere soltanto attraverso la memoria e l’impegno collettivo. #pinelli #giuseppepinelli #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA
STRAGE FASCISTA E DI STATO
 
Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni p
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO   Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni per svolte autoritarie che potessero fermare i grandi movimenti di massa, di operai e studenti, che negli anni 68 e 69 aprirono nuovi spazi e stavano conquistando diritti sociali e civili per tutte e tutti. Nella strage di piazza Fontana morirono direttamente 17 persone, ai quali va aggiunto Pino Pinelli, ingiustamente accusato e fatto volare da una finestra della Questura di Milano. Anche quest’anno il 12 dicembre i movimenti milanesi, ai quali si sono aggiunte le associazioni palestinesi, sono scesi in piazza non solo per ricordare, ma anche per ribadire che senza il protagonismo delle persone e dei movimenti, senza conflitto, i diritti e le libertà sono sempre sotto tiro, allora come oggi. Specie oggi, in tempi in cui vecchi fantasmi, dalle politiche autoritarie e repressive fino alla guerra, si stanno riaffacciando.   #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA 
STRAGE FASCISTA E DI STATO 

12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente
A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la mor
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO 12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la morte di Giuseppe Pinelli e l’ingiusta persecuzione contro gli anarchici. Non si tratta di un esercizio rituale, ma della necessità di leggere il presente attraverso le continuità che lo attraversano. Ci troviamo alle 18.30 in piazza 24 Maggio a #Milano #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa

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