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il blog di Luciano Muhlbauer

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Il miglior alleato degli islamisti sta a destra

January 8, 2015

L'attacco terroristico a Charlie Hebdo è destinato a lasciare il segno, non solo in Francia, ma in tutta Europa. Per la sua ferocia, per il bersaglio scelto, per il simbolismo che evoca. Ed è indubbio che questo fosse esattamente l’obiettivo di chi aveva direttamente o indirettamente ispirato l’attentato, al di là della consapevolezza o meno e dell’appartenenza organizzativa (Al Qaeda, Isis, cani sciolti, altro?) degli esecutori materiali dell’infame atto.

Non siamo più nell’epoca delle torri gemelle e di Bin Laden, siamo in una fase nuova e diversa, ma l’obiettivo di fondo delle organizzazioni islamiste militanti è sempre il medesimo: la conquista dell’egemonia politica e religiosa nel mondo islamico. Al Qaeda, da network terroristico che era, puntava tutto sul provocare la reazione militare dell’Occidente contro paesi a prevalenza islamica, mentre oggi organizzazioni come l’Isis, che dispongono invece di truppe e di aspirazioni territoriali, puntano piuttosto a stimolare e generalizzare in Occidente politiche e sentimenti antislamici. In ogni caso si tratta di radicalizzare e militarizzare lo scontro e di ridurre la politica alla semplice contrapposizione tra due sole opzioni: il fedele e l’infedele, il jihadista e il crociato, tu o io. Solo così, infatti, progetti oscurantisti e fascistoidi come quello dell’Isis possono affermarsi ed espandersi.

Bin Laden trovò quello che cercava nel guerrafondaio George Bush. Due nemici, certo, ma che avevano bisogno l’uno dell’altro per legittimare i propri progetti politici e le proprie posizioni di potere. Oggi organizzazioni come l’Isis, per citare il progetto integralista più forte, cercano il loro George Bush, il loro nemico-alleato, tra i movimenti islamofobici e xenofobi e tra le forze politiche della destra radicale, che peraltro sembrano ben disposti ad accettare il ruolo. In fondo, come a Bush faceva comodo un Bin Laden, a chi cavalca movimenti antislamici come Pegida in Germania o a leader politici come Marine Le Pen e Salvini, che costruiscono buona parte del loro consenso sulla paura dello straniero, non può che fare comodo un al-Baghdadi.

Esagero? Estremizzo? Non credo proprio, visto che a sole poche ore dall’attentato contro Charlie Hebdo a destra era già partito il tam-tam, con Matteo Salvini che twittava contro gli islamici “nemico in casa” e rilanciava l’hashtag antimmigrati #StopInvasione, mentre a Milano tutta la destra, dal post-fascista De Corato alla berlusconiana Mariastella Gelmini, si scagliavano contro il bando comunale per assegnare delle moschee, perché “concedere aree pubbliche per nuove moschee vuol dire essere complici”, per dirla con le edificanti parole del leghista Iezzi.

E la musica non cambierà certamente oggi o domani, anche a giudicare dagli odierni titoli di prima pagina dei quotidiani di riferimento della destra: “Macellai Islamici” (il Giornale) e “Questo è l’Islam” (Libero). Anzi, vi sarà fuoco a volontà contro la concessione di spazi per moschee, mentre in Regione Lombardia, dove governa il leghista Roberto Maroni, tra un convegno omofobo e un altro, è stato approntato un progetto di legge (Pdl n. 195) di modifica della normativa urbanistica, la cui unica finalità è impedire ai Sindaci di individuare delle aree dove collocare luoghi di culto islamici.

Le prime pagine de il Giornale e Libero del 8 gennaio 2015

Le prime pagine de il Giornale e Libero del 8 gennaio 2015

La guerra che Bush aveva scatenato in nome della lotta al terrorismo si è risolta in un disastro su tutta la linea e da ogni punto di vista, contribuendo in maniera decisiva all’odierna situazione. E rilevanti e dirette sono le responsabilità degli Stati Uniti, dell’Europa e dei governi mediorientali loro alleati nella nascita e nell’affermazione delle organizzazioni islamiste militanti, da Al Qaeda e all’Isis (a proposito, la Turchia, paese Nato, continua a favorire l’Isis e ad ostacolare la resistenza kurda a Kobane). In altre parole, se oggi in Italia e in Europa dovessimo cedere ai richiami degli imprenditori della paura, sposando le parole d’ordine antistranieri e antislamiche, andremmo incontro a un altro disastro, ma con la prospettiva di pagare questa volta un prezzo molto più alto.

Insomma, respingere il triste e stupido sciacallaggio delle destre non è solo un atto di dignità democratica e civile, ma anzitutto un atto di intelligenza e lungimiranza. 

 

In Politica Tags islam, al qaeda, 8 gennaio, Kobane, Parigi, regione lombardia, antifascismo, Charlie Hebdo, moschea, antirazzismo, da'esh, lega, isis
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In occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, istituita dall’ONU nel 1977, si sono tenute due manifestazioni nazionali a Roma e a #Milano. C’è chi pensa che ormai non bisogna più mobilitarsi, perché c’è un cessate il fuoco e perché si sta andando verso la pace, ma purtroppo la realtà sul campo è ben diversa. La maggior parte di Gaza è sotto occupazione militare israeliana e nella restante parte, dove si trova ammassata tra le macerie la quasi totalità della popolazione, continuano gli interventi militari e le uccisioni e gli aiuti umanitari entrano solo con contagocce. Per non parlare di quello che accade in Cisgiordania, dove coloni e esercito di occupazione intensificano addirittura le operazioni di pulizia etnica in un crescendo di violenza. Tutto questo è possibile solo grazie alla copertura dei governi alleati di Israele, tra cui quello italiano, che blaterano di una pace che non c’è e che, di fatto, altro non fanno che proseguire la loro complicità con i crimini di Israele. Ecco perché bisogna continuare a stare in piazza, a intervenire in ogni occasione e non permettere mai che cali il silenzio su quello che accade in Palestina. #Gaza #StopGenocide #EndOccupation #FreePalestine #Resistenza
A MILANO CONTRO LA FINANZIARIA DEL RIARMO 
A #Milano migliaia in piazza per lo sciopero generale convocato dal sindacalismo di base contro una manovra finanziaria che continua a tagliare la spesa sociale e avvia lo spostamento delle risorse pubbliche
A MILANO CONTRO LA FINANZIARIA DEL RIARMO A #Milano migliaia in piazza per lo sciopero generale convocato dal sindacalismo di base contro una manovra finanziaria che continua a tagliare la spesa sociale e avvia lo spostamento delle risorse pubbliche verso il riarmo, mentre decrescono i salari e aumentano le rendite e i profitti di pochi. Tantissime le bandiere della Palestina, perché neanche per un minuto dobbiamo farci distrarre da una pace che c’è solo nella propaganda dei complici di Netanyahu. #scioperogenerale #stopriarmo #FreePalestine
28 NOVEMBRE - SCIOPERO GENERALE CONTRO LA FINANZIARIA
Di fronte agli ultimi dati ufficiali che confermano ancora una volta che l’Italia, insieme alla Grecia, è l’unico paese europeo dove i salari reali sono diminuiti, la finanziari
28 NOVEMBRE - SCIOPERO GENERALE CONTRO LA FINANZIARIA Di fronte agli ultimi dati ufficiali che confermano ancora una volta che l’Italia, insieme alla Grecia, è l’unico paese europeo dove i salari reali sono diminuiti, la finanziaria del governo sceglie di tagliare la spesa sociale, ignorare la questione salariale e iniziare lo spostamento di fondi pubblici verso la spesa militare. Contro la finanziaria di guerra e a fianco del popolo palestinese, sciopero generale e corteo a Milano da porta Venezia alle 9.30
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Oggi è passato un anno dalla morte di Ramy, un anno pieno di proclami che condannavano il ragazzo e assolvevano gli inseguitori. Nel frattempo non si trovavano più delle prove, mentre la famiglia continua ad attendere una verità giudiziaria. La morte di Ramy non ci parla solo di una giovane vita rubata, ma anche di una città che esclude, che fatica ad ascoltare se stessa e preferisce i racconti di comodo. Oggi il quartiere ha ricordato Ramy, perché non si può morire così e perché non si deve ripetere mai più. Per Milano, per noi. #RamyVive
Corteo per il diritto all’abitare e per la città pubblica a #Milano. E ovviamente al fianco del popolo palestinese
Corteo per il diritto all’abitare e per la città pubblica a #Milano. E ovviamente al fianco del popolo palestinese

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