La guerra è alle porte, dobbiamo difendere l’Europa, i nostri valori, la libertà e la democrazia, dobbiamo riarmarci, prepararci alla guerra, diventare nuovi guerrieri.
Grande è la confusione e forse non poteva essere diversamente. Troppo rapida e violenta è stata l’irruzione di Trump e Musk, che fedeli al vecchio motto dei miliardari della Silicon Valley, move fast and break things, hanno spazzato via in tempo record radicate convinzioni geopolitiche e anni di incessanti proclami sulla guerra fino alla vittoria.
Ma se la confusione delle persone è comprensibile, un po’ meno lo è quella delle classi dirigenti europee. Nessun piano B era pronto, come se Trump fosse un fulmine a ciel sereno e il suo programma non ampiamente annunciato. E come se, anche con una seconda amministrazione democratica, non si sarebbe posto il problema di terminare una guerra che consuma generazioni e che nessuna delle parti può vincere.
Sì, la democrazia liberale, i famosi valori, le nostre libertà sono minacciati, ma da chi e da cosa? Dalle armate di Putin, pronte a spingersi fino in Portogallo? Anche se la Russia avesse l’intenzione e la forza di invadere tutta l’Europa, non ci sarebbe alcun bisogno della Russia per mettere in discussione i nostri valori e le nostre libertà, perché ci stiamo già pensando da soli.
Tutto l’Occidente è attraversato da un impietoso vento reazionario, che negli Usa ha portato alla presidenza Trump e che in Europa ha provocato uno spostamento dell’intero quadro politica a destra, sia con governi gestiti direttamente dalle destre nazionaliste, sia con governi fortemente condizionati dalle estreme destre. Ovunque si affacciano nuovi nazionalismi, accomunati da una visione che unisce neoliberismo, cioè massima libertà per capitali e capitalisti, e forme di governo più autoritarie e repressive, cioè meno libertà per le persone, il tutto condito con una violenta retorica contro le persone migranti e le minoranze. Succede negli Usa, succede in Europa e, ovviamente, succede anche in Italia.
Quanto ai valori, vabbè, quel poco di pretesa di essere i custodi universali dei diritti umani che era sopravvissuto ai doppi standard e all’ipocrisia è annegato definitivamente nel sangue palestinese e nella vergogna della complicità con Netanyahu.
L’Europa politica è stata sempre evocata, ma non è mai esistita, perché non c’è mai stata la volontà e l’interesse di andare oltre lo spazio economico, il presidio dei dogmi liberisti e la blindatura delle frontiere esterne. E difficilmente potrà nascere ora, in mezzo alla mediocrità delle classi dirigenti tradizionali e alle tempeste nazionaliste. Figuriamoci, poi, un esercito europeo, che presuppone una convergenza di obiettivi e priorità o, almeno, un paese guida, come lo sono gli Stati Uniti per la Nato.
Applaudire al ReArm Europe e ai suoi 800 miliardi in nome di un fantomatico esercito europeo equivale, nel migliore dei casi, a una tragica illusione, perché in realtà altro non significa che dare il via libera al dirottamento di risorse pubbliche dalle spese sociali a quelle militari, ingrassando le industrie delle armi, a partire da quelle statunitensi, nel tentativo di risollevare le stagnanti economie europee con una sorta di keynesismo di guerra.
E come sempre, quando parte la corsa agli armamenti la probabilità che questi vengano utilizzati aumenta, specie in un mondo come quello di oggi, che non assomiglia affatto a quello degli anni Trenta del secolo scorso, ma piuttosto a quello di fine Ottocento, con i suoi imperialismi in competizione e la sua politica delle cannoniere.
Oggi il problema non è scegliere tra il nazionalismo e una sorta di nazionalismo europeo armato, ma far emergere una voce altra, che metta al centro i bisogni sociali e i diritti delle persone, che contrasti le crescenti disuguaglianze sociali, che metta in discussione un capitalismo sempre più vorace e violento. E che, ovviamente, si rifiuti di mettere l’elmetto.
Quindi, se una certa confusione ci stava, anche dalle nostre parti, ora è il momento di riallacciare i fili del dibattito e dell’agire, perché il tempo e le cose corrono veloci.
Pubblicato su Milano in Movimento l’11marzo 2025