Sono passati ormai due mesi da quel giorno di fine luglio, quando sembrava che il mondo intero dovesse crollare in testa alla comunità di lavoratori e lavoratrici che animano l’esperienza di RiMaflow a Trezzano s/N. Un’inchiesta giudiziaria aveva coinvolto la fabbrica recuperata, un’accusa infamante era stata formulata, cioè di essere parte di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, e Massimo Lettieri, in quanto presidente e legale rappresentante della cooperativa, era stata arrestato.
Due mesi dopo RiMaflow c’è ancora, impegnata in una lotta quotidiana per la sopravvivenza e nella mobilitazione per la liberazione di Massimo, tuttora in carcere. Ma soprattutto, nel frattempo si è materializzata anche la solidarietà, che è poi la cosa più preziosa ed efficace in situazioni come queste. Una solidarietà ampia e plurale, nazionale e internazionale, che testimonia più di ogni altra cosa quanto l’esperienza di RiMaflow abbia seminato e costruito. Sono piovuti appelli, prese di posizione, attestati di stima e c’è stata una partecipatissima assemblea pubblica il 9 settembre scorso.
Insomma, chi ha condiviso, incrociato o semplicemente conosciuto il percorso di RiMaflow e l’impegno di Massimo non aveva dubbi: loro non c’entrano un fico secco con quelle accuse. Non è un caso, infatti, che anche un noto dirigente della Caritas ambrosiana, come don Massimo Mapelli, si esponesse pubblicamente affermando “nessuno deve permettersi di dire che RiMaflow è un’associazione a delinquere”.
Anche per me non ci sono dubbi, perché se conosci qualcuno in un percorso di lotta impari molto da e su quella persona.
Io avevo conosciuto Massimo una decina di anni fa quando esisteva ancora una fabbrica di nome Maflow ed era in corso una lotta operaia per impedire la sua chiusura e la perdita di 330 posti di lavoro. La Maflow era una multinazionale e lo stabilimento di Trezzano produceva componenti auto, lavorando soprattutto su commesse della Bmw. Poi le commesse furono tagliate, mentre alcune operazioni finanziarie del management produssero uno stato di insolvenza e lo stabilimento finì commissariato. Poi arrivò la vendita a un gruppo polacco e la chiusura della fabbrica causa delocalizzazione della produzione in Polonia.
A questo punto un gruppo di operai e operaie della Maflow, con in prima fila Massimo, decisero di non arrendersi e, ispirandosi all’esperienza delle fabricas recuperadas argentine, di occupare lo stabilimento, avviando un progetto di autogestione. Così, in estrema sintesi, è nata RiMaflow. Il resto è storia di oggi.
“A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca” (cit. Don Mazzolari) è una delle frasi che si sentono pronunciare più spesso alla RiMaflow. Infatti, sono state avviate molte attività (riuso, riciclo, autoproduzioni agro-alimentari e molto altro ancora) con l’obiettivo di costruire un futuro e una possibilità di lavoro e reddito. Ed è stato fatto sempre nell’ottica del bene comune, cioè del costruire qualcosa che potesse essere a disposizione di tutti e tutte. Si sono dati la forma di cooperativa per poter lavorare e hanno promosso un confronto con le istituzioni su una ipotesi di regolarizzazione dello stato di fatto, cioè dell’occupazione di un’area altrimenti abbandonata.
È nel quadro di quelle attività economiche che la cooperativa RiMaflow era entrata in contatto anche con un’azienda che gli inquirenti ritengono sia attiva nel traffico illecito di rifiuti. Da qui che nasce il coinvolgimento. Certo, il tempo e il processo chiariranno la completa estraneità di RiMaflow, ma nel frattempo l’esperienza rischia di finire strangolata economicamente e Massimo continua a stare in carcere. Per questo è fondamentale che la solidarietà si espanda, cresca e si intensifichi.
Finora si sono esposti e hanno preso parola soprattutto quelli e quelle che hanno avuto modo di conoscere direttamente Massimo e l’esperienza di RiMaflow. Ora bisogna fare di più e anche altri e altre devono prendere parola, perché il destino di RiMaflow riguarda noi tutti e tutte.
Si possono fare molte cose, da quelle più semplici a quelle più impegnative: esprimere pubblicamente solidarietà sui social o dove ritenete utile, discuterne nelle proprie realtà, firmare l’appello, fare donazioni, acquistare e far acquistare i prodotti FuoriMercato, promuovere eventi o benefit eccetera. Sul sito e sulla pagina fb di RiMaflow trovate le iniziative programmate e potete recuperare informazioni più approfondite.
Fate voi, ma non fate mancare la vostra solidarietà!
#MassimoLibero #RiMaflowVivrà