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il blog di Luciano Muhlbauer

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Il divieto di manifestare non esiste, non più

May 17, 2020

Il divieto di manifestare non esiste e non può esistere, non più. Non esiste più nella realtà, perché già dopo i primi allentamenti forme di manifestazione, nel rispetto delle distanze e delle misure di sicurezza, ci sono state e non sempre sono piovute multe o divieti. Non esiste più dal punto di vista del buon senso, perché una cosa era vietare manifestazioni quando l’unica occasione di socializzazione consentita era la coda al supermercato, altra cosa è quando, nel rispetto delle misure di sicurezza, potrai assembrarti praticamente ovunque, al lavoro, sui mezzi, al mercato, al ristorante eccetera. Infine, non può esistere legalmente, come molti costituzionalisti sottolineano da giorni, perché un diritto costituzionalmente tutelato non può essere sospeso a tempo indefinito da uno stato d’emergenza dichiarato ai sensi del Codice della protezione civile, come peraltro ora sembra prendere atto anche il decreto legge varato dal governo il 16 maggio e il Dpcm del 17 maggio.

Ma, anzitutto, vediamo come stanno le cose da un punto di vista normativo.

Stato di emergenza e libertà di manifestare

Lo stato di emergenza sanitario in Italia è stato dichiarato il 31 gennaio con una delibera del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 24 del Codice della protezione civile. Le limitazioni fortissime alla libertà di movimento dei cittadini sono state possibili attraverso questo strumento, peraltro costituzionalmente legittimo. E finché quasi tutto era vietato, anche allontanarti più di 200 metri da casa tua per chiacchierare in luogo pubblico con un tuo conoscente, anche il divieto di manifestazione appariva come logico e comprensibile. Ma, appunto, quando le restrizioni cadono e ai cittadini viene restituita la libertà di movimento, una prosecuzione di questo divieto diventa incomprensibile, ingiustificabile e insostenibile, perché in fin dei conti nessuno stato d’emergenza può sospendere a tempo indefinito e in maniera generale uno specifico diritto costituzionalmente garantito.

La libertà di manifestare è affermata, infatti, dall’art. 17 della Costituzione, che usa il termine generico di “riunione”.

art 17.jpg

È l’ultimo capoverso che legittima costituzionalmente la previsione dell’art. 18 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), cioè quella che noi impropriamente chiamiamo “chiedere l’autorizzazione”, ma che in realtà è un obbligo di preavviso al Questore. Ed è sempre questo ultimo capoverso che individua come unici motivi di divieto della riunione da parte del Questore i “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, cioè due elementi che devono essere sempre circostanziati e che non possono essere generici.

Il decreto legge del 16 maggio e le riunioni

Il decreto legge 16 maggio 2020, n. 33 non smentisce quella che sembra essere una caratteristica dei provvedimenti di questo periodo, cioè che una serie di cose non sono mai chiare fino in fondo. E così, anche i commi 8, 9 e 10 dell’art. 1 possono lasciare spazio a interpretazioni.

8 9 10.jpg

Nel comma 8 si stabilisce che è “vietato l'assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico”, specificano però dopo una serie di fattispecie, che non comprendono esplicitamente le manifestazioni di carattere politico o sociale. Il comma 9, poi, conferma il potere del Sindaco di poter chiudere delle specifiche aree per le manifestazioni. Infine, la novità del decreto, cioè il comma 10 che afferma: “Le riunioni si svolgono garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.

Ebbene, a me pare evidente che l’utilizzo della parola “riunione” debba portarci necessariamente ad interpretare il comma 10, sebbene nella sua formulazione generica, come riferito al diritto di cui all’art. 17 della Costituzione e quindi alle manifestazioni di natura sociale, sindacale, politica ecc.

Inoltre, il Dpcm del 17 maggio specifica al punto i) dell’art. 1, c. 1 che “lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche è consentito soltanto in forma statica, a condizione che, nel corso di esse, siano osservate le distanze sociali prescritte e le altre misure di contenimento”, rinviando poi all’art. 18 del Tulps, confermando così che in questo caso la parola “manifestazione” sia da intendersi riferito al diritto di cui all’art. 17 della Costituzione.

Agire per aprire concretamente gli spazi

La non chiarezza non aiuta, ovviamente, perché consegna all’autorità concreta, che nel caso concreto e nel territorio concreto deve assumere le decisioni, uno spazio di interpretazione e di discrezionalità. E visto che le discrezionalità hanno agito anche durante la fase dura del lockdown, che in teoria era più chiara… (ogni riferimento al 25 aprile milanese non è per nulla casuale).

Insomma, considerato anche che l’esperienza insegna che è facile mettere certi divieti, ma che è poi difficile toglierli, dovremo senz’altro mettere in campo le nostre soggettività, per sperimentare e conquistare. Beninteso, reinventando un po’ le modalità concrete di manifestazione, perché l’imposizione della distanza di sicurezza e l’uso di dispositivi di protezione personale, oltre che legittima, è anche ragionevole nella situazione data.

Un’ultima considerazione. La libertà di manifestare non va considerato un vezzo e neanche una questione di amore astratto per le libertà. No, ritengo che si tratti di un problema molto concreto, anzitutto di prospettiva generale, perché viviamo in una fase storica in cui le tendenze autoritarie degli Stati sono già di per sé significative, anche senza emergenze sanitarie, e non è il caso di assecondarle, magari anche involontariamente. In secondo luogo, perché nella prossima fase sarà cruciale garantire che il conflitto sociale possa avere gli spazi per svilupparsi e non finisca compresso in una ragnatela di divieti strumentali. E, infine, prima o poi dovremo pure andare sotto le sedi di Confindustria e Regione Lombardia, per dire anche con la nostra presenza materiale che non abbiamo dimenticato e non intendiamo dimenticare nulla. O no?

16 maggio 2020, protesta lavoratori dello spettacolo, Milano, p.zza Scala

16 maggio 2020, protesta lavoratori dello spettacolo, Milano, p.zza Scala

In Politica Tags covid-19, coronavirus, fase 2, milano, libertà manifestare, decreto legge 33 del 16 maggio 2020, stato d'emergenza, stato autoritario, costituzione
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Parlano di pace, quando non c’è nemmeno un cessate il fuoco degno di questo nome. Israele continua a bombardare Gaza quando gli pare e piace e continua a non far passare gli aiuti umanitari che servono, mentre in Cisgiordania proseguono
Parlano di pace, quando non c’è nemmeno un cessate il fuoco degno di questo nome. Israele continua a bombardare Gaza quando gli pare e piace e continua a non far passare gli aiuti umanitari che servono, mentre in Cisgiordania proseguono la pulizia etnica e il furto di terre da parte di esercito e coloni. Cercano di far calare il silenzio. Per questo è decisivo continuare a stare in piazza, come oggi a #Milano. #Gaza #StopGenocide #EndOccupation #FreePalestine #Resistenza
Rifacciamo? 

#1917
Rifacciamo? #1917
GOOD MORNING AMERICA ✊
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SOLIDALI CON MOHAMMAD HANNOUN ✊🇵🇸
NON CI FAREMO ZITTIRE DALLA REPRESSIONE DI MELONI

Hanno dato il foglio di via da #Milano a Mohammad Hannoun, presidente di @api.italia , l’associazione palestinese che da due anni organizza le manifestazioni
SOLIDALI CON MOHAMMAD HANNOUN ✊🇵🇸 NON CI FAREMO ZITTIRE DALLA REPRESSIONE DI MELONI Hanno dato il foglio di via da #Milano a Mohammad Hannoun, presidente di @api.italia , l’associazione palestinese che da due anni organizza le manifestazioni del sabato per la Palestina. Beninteso, non lo accusano di fatti violenti, anche perché in due anni di sabati non è mai successo alcunché di rilevante sotto il profilo dell’ordine pubblico. Ma le estreme destre di governo ce l’hanno con lui perché dice le stesse cose che afferma anche il diritto internazionale, cioè che l’occupato ha il diritto di resistere all’occupante. E così, non potendolo denunciare all’autorità giudiziaria, perché non esiste nulla di cui accusarlo, passano a un provvedimento amministrativo, come il foglio di via, che ormai insieme ad altri strumenti di polizia, come il Daspo, sta infestando il nostro paese. L’intento è sempre lo stesso, zittire e intimidire chi non la pensa come il governo. Non a caso, sul movimento per la Palestina si sta abbattendo una repressione sempre più esplicita, fatta di manganelli, denunce penali e, appunto, provvedimenti di polizia limitanti la libertà personale. Massima solidarietà a Mohammad Hannoun! Se toccano un*, toccano tutt* noi! #FreePalestine
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