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il blog di Luciano Muhlbauer

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Il ritorno della questione salariale

June 16, 2022

Articolo scritto per Milano in Movimento e pubblicato il 13 giugno 2022

I prezzi corrono, le bollette sono un incubo, tutto aumenta, tranne una cosa, le buste paga, che non solo rimangono ferme, ma da Confindustria a Bankitalia non perdono occasione di spiegarci che proprio così dev’essere. Quando poi qualcuno timidamente tira fuori la proposta del salario minimo fissato per legge, allora apriti cielo e si inalbera pure il capo della Cisl. Insomma, è tornata la questione salariale.

O meglio, è tornata sulla scena pubblica, perché nella realtà dei fatti non se n’era mai andata, sebbene il peso delle sconfitte del passato e la pervasiva egemonia del discorso neoliberista l’avessero avvolta in una nebbia talmente fitta da renderla quasi irriconoscibile. Beninteso, irriconoscibile soprattutto agli occhi di chi di salario campa, comunque questo salario sia denominato, e non certo a quelli dei padroni, per usare un linguaggio vecchio come la questione salariale, che in quella nebbia, invece, ci vedono benissimo.

Ma attenzione, il fatto che si torni a parlarne, non significa affatto che la nebbia si sia diradata, anzi, come ci ricorda anche il surreale “dibattito” sul reddito di cittadinanza, messo quotidianamente alla gogna non per le sue contraddizioni e insufficienze, ma per uno dei suoi effetti positivi, cioè quello di costituire un parziale freno all’accettazione di livelli salariali indecenti.

Giusto per rinfrescarci la memoria, è opportuno produrre qualche dato sulla realtà dei fatti in tema di salari. Ovviamente, ce ne sarebbero molti altri e basta fare qualche ricerca in rete per trovarli, specie in questo periodo, ma alla fine raccontano sempre la stessa storia.

Primo, la perdita di quote di reddito complessivo da parte di lavoratori e lavoratrici e l’aumento delle disuguaglianze sociali sono tendenze globali, ma in Italia è andata anche peggio.

(fonte: elaborazione Censis su dati Ocse)

Questi dati sono aggiornati al 2020 e, quindi, non tengono ancora conto degli effetti di due anni di pandemia, che hanno significato un ulteriore peggioramento della situazione, come si evince dalla prossima infografica.

Salario lordo annuale medio corretto nel 2021 (in euro) e variazione rispetto al 2019 (in percentuale) nelle quattro principali economie europee e nell’Eurozona..(fonte: elaborazione Fondazione Di Vittorio su dati EUROSTAT )

Secondo, come la perdita salariale, anche l’aumento delle disuguaglianze sociali è un processo che viene da lontano. Il seguente grafico copre un arco temporale ampio e la sua importanza non risiede tanto nei valori che riporta, ma nella tendenza che mette in evidenza e che ci ricorda, ancora una volta, che tali processi non sono determinati unicamente dai cicli economici, ma anche dal conflitto sociale, cioè dall’evoluzione dei rapporti di forza sociali.

Evoluzione della distribuzione del reddito in Italia dal 1900 al 2020, mettendo a confronto il 10% della popolazione con i redditi più alti e il 50% con quelli più bassi. (fonte: World Inequality Report 2022)

Ci fermiamo qui con i grafici e con i numeri e aggiungiamo soltanto che per avere un quadro esaustivo sul salario reale andrebbero aggiunte anche altre voci, come il salario differito, le prestazioni previdenziali, la fiscalità, il costo dell’accesso ai servizi essenziali, l’abitare eccetera. Ma appunto, quanto ricordato è sufficiente per ribadire che la questione salariale non è figlia della guerra, i cui effetti sociali peraltro mancano ancora nelle statistiche disponibili, e nemmeno della pandemia. Piuttosto, pandemia e guerra, come ogni crisi, in assenza di cambiamenti politici e sociali, agiscono semplicemente da acceleratori delle dinamiche dominanti già in atto.

E il punto è esattamente questo, cioè il crescente fenomeno dei working poor, la precarizzazione nelle sue mille forme, l’elusione di ogni regola e decenza nel sistema dei subappalti, le false cooperative, il cottimo delle piattaforme e così via, sono conseguenza diretta e ineludibile di scelte politiche, dei rapporti di forza sociali e di un movimento sindacale strutturalmente indebolito e nelle sue componenti maggioritarie spesso ridotto ad erogatore di servizi, gestore della pace sociale e, in ultima analisi, guardiano della proprio rendita di posizione.

In altre parole, la tendenza dominante in materia salariale non può essere invertita senza una ripresa del conflitto sociale, cioè senza una rimessa in moto di un ciclo di lotte a partire dai luoghi di lavoro e dal territorio. In fondo, che ci sia bisogno di conflitto per avere dei risultati l’hanno dimostrato proprio alcune lotte importanti di questi anni, come quelle nella logistica, quella dei rider o quella degli operai e delle operaie della Gkn di Campi Bisenzio, purtroppo ancora troppo circoscritte per poter innescare una dinamica più generale.

In conclusione, se la questione salariale viene lasciata ai dibattiti nei salotti televisivi e alle mediazioni nei palazzi, non solo saremo condannati a tirare avanti con bonus, mance e sconti governativi, ma la stessa proposta di salario minimo fissato per legge rischia di finire in un nulla di fatto o in una semplice operazione di maquillage.

Lo so, tutto questo è più facile a dirsi che a farsi, ma cominciare a scacciare un po’ nebbia e includere il problema tra le priorità del nostro agire, sarebbe già un importante passo.

In Lavoro Tags salario, conflitto, salario minimo, precarietà, sindacato, confindustria
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Gaza e tutta la Palestina non fanno più notizia. È questo il principale risultato dei cosiddetti “accordi di pace”, che in realtà non sono nemmeno un vero cessate il fuoco.  Israele continua a bombardare e bloccare l&
Gaza e tutta la Palestina non fanno più notizia. È questo il principale risultato dei cosiddetti “accordi di pace”, che in realtà non sono nemmeno un vero cessate il fuoco. Israele continua a bombardare e bloccare l’afflusso degli aiuti, mentre gran parte della popolazione di Gaza è costretta in metà del territorio della striscia. In Cisgiordania non va meglio, perché coloni ed esercito proseguono nella pulizia etnica e nella cacciata dei palestinesi dalle loro terre. Questa è la realtà sul campo, mentre qui da noi i complici hanno fatto calare il silenzio e destre e “riformisti” del Pd vogliono persino tappare la bocca ai chi denuncia i crimini di Israele, proponendo la messa fuorilegge della critica al sionismo. Per questo occorre tenere viva la mobilitazione. Tutto il resto sono chiacchiere #Gaza #StopGenocide #EndOccupation #FreePalestine #Resistenza
Continua la campagna del governo Meloni per eliminare manu militari ogni voce fuori dal suo coro. Oggi è toccato all’Askatasuna di Torino. Ma si illudono se pensano che uno sgombero possa chiudere la bocca alle persone. Si illudono e si
Continua la campagna del governo Meloni per eliminare manu militari ogni voce fuori dal suo coro. Oggi è toccato all’Askatasuna di Torino. Ma si illudono se pensano che uno sgombero possa chiudere la bocca alle persone. Si illudono e si sbagliano, alla grande! Giù le mani dall’Askatasuna! #Aska #Askatasuna
PER PINO E LICIA PER NON DIMENTICARE PINELLI ASSASSINATO   La memoria è una cosa importante, serve per affrontare il presente e, soprattutto, il futuro. E non bisogna mai dimenticare Piazza Fontana e la morte poco accidentale di Giuseppe Pinelli, ferroviere e anarchico, accusato ingiustamente nel quadro dei depistaggi all’indomani della strage e fatto precipitare nella notte del 15 dicembre 1969 da una finestra del quarto piano della Questura di Milano. Nessuno avrebbe mai pagato per la sua morte o per le tante bugie e, alla fine, la spiegazione giudiziaria sarebbe stata un misterioso “malore attivo”. Morto Pinelli, il depistaggio continuò e il 16 dicembre fu arrestato un altro anarchico milanese, Pietro Valpreda, che rimase in carcere innocente per 3 anni. Solo molti anni più tardi una parte della verità storica sulla strage di Stato riuscì a farsi largo anche sul piano giudiziario, con l’individuazione dei responsabili della strage nei neofascisti di Ordine Nuovo. La famiglia Pinelli avrebbe dovuto aspettare 40 anni perché lo Stato, nella persona del Presidente della Repubblica Napolitano, riconoscesse la “verità storica” su Pinelli e sulla strage di piazza Fontana. Una verità storica che i movimenti avevano denunciato sin dai primi momenti e che anche oggi, in tempi di galoppante revisionismo governativo, potrà continuare a vivere soltanto attraverso la memoria e l’impegno collettivo. #pinelli #giuseppepinelli #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA
STRAGE FASCISTA E DI STATO
 
Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni p
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO   Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni per svolte autoritarie che potessero fermare i grandi movimenti di massa, di operai e studenti, che negli anni 68 e 69 aprirono nuovi spazi e stavano conquistando diritti sociali e civili per tutte e tutti. Nella strage di piazza Fontana morirono direttamente 17 persone, ai quali va aggiunto Pino Pinelli, ingiustamente accusato e fatto volare da una finestra della Questura di Milano. Anche quest’anno il 12 dicembre i movimenti milanesi, ai quali si sono aggiunte le associazioni palestinesi, sono scesi in piazza non solo per ricordare, ma anche per ribadire che senza il protagonismo delle persone e dei movimenti, senza conflitto, i diritti e le libertà sono sempre sotto tiro, allora come oggi. Specie oggi, in tempi in cui vecchi fantasmi, dalle politiche autoritarie e repressive fino alla guerra, si stanno riaffacciando.   #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA 
STRAGE FASCISTA E DI STATO 

12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente
A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la mor
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO 12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la morte di Giuseppe Pinelli e l’ingiusta persecuzione contro gli anarchici. Non si tratta di un esercizio rituale, ma della necessità di leggere il presente attraverso le continuità che lo attraversano. Ci troviamo alle 18.30 in piazza 24 Maggio a #Milano #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa

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