Non c’è dubbio, il 22 settembre il composito e articolato movimento per la Palestina ha esondato e condiviso una giornata di mobilitazione, sciopero, occupazioni e azioni, al di là di appartenenze, bandiere e generazioni. Insomma, un tappo è saltato e, dopotutto, era ora che accadesse dopo quasi due anni di genocidio e di inazione e complicità istituzionale.
A differenza di alcune parti della sinistra, le destre che governano il nostro paese hanno compreso immediatamente il senso della giornata di lunedì. Lungi dal voler porre fine alla loro impermeabilità rispetto alle istanze sociali hanno scelto lo scontro frontale e di proseguire senza soluzione di continuità la campagna della destra globale su Charlie Kirk, sposando apertamente il discorso di Trump e Netanyahu e accusando chiunque si mobiliti contro il massacro del popolo palestinese di essere un utile idiota al servizio di Hamas. E, ovviamente, sono ricorsi al collaudato metodo del divide et impera, buttandola in sicurezza e ordine pubblico.
A Milano quotidiani e tv sono pieni di racconti di maranza rabbiosi calati dalle periferie, antagonisti che strumentalizzano, anarchici vari e casseur pronti a spaccare tanto per spaccare. Secondo loro questo spiegherebbe cos’è successo attorno alla stazione Centrale lunedì pomeriggio, ma in realtà è solo un racconto per cavalcare e suscitare paure e per parlare d’altro.
Chiunque fosse presente e in buona fede ha visto che non c’è stato un assalto alla stazione da parte di qualche gruppo di violenti, ma che c’erano migliaia di manifestanti che ritenevano logico e giustificato andare ad occupare i binari nella giornata del “blocchiamo tutto” e come peraltro avvenuto in altre città italiane, in autostrade, porti e stazioni, senza che si registrassero drammi. A Milano, invece, c’è stata una rigidità inusuale per i canoni meneghini e l’ordine tassativo era bloccare i manifestanti ad ogni costo, con manganello e lacrimogeni a tonnellate. Chi l’ha deciso? Il Questore? Roma? O semplicemente c’era confusione e impreparazione?
Non sono domande sciocche, perché viviamo nell’epoca dei decreti sicurezza e della crescente intolleranza istituzionale verso ogni forma di dissenso e opposizione e sebbene non siamo negli Stati Uniti, dove l’ICE è ormai un braccio armato del trumpismo e la guardia nazionale viene schierata nelle città governate dall’opposizione, è palese che nelle destre alberghi la tentazione di mettere le polizie al servizio degli interessi politici dei partiti di governo.
E non sono domande sciocche perché una volta che hai indicato il cattivo da colpire, poi arrivano i provvedimenti. Per ora agli arresti sono finite delle persone fermate all’inizio, prima degli scontri veri e propri, tra cui due ragazze minorenni che messe insieme fanno metà del peso di un singolo celerino ed erano pure a mani nude. Ma non è finita qui, lo sappiamo, e qualcuno potrebbe tentare di approfittare della situazione anche per liberarsi di qualche scomoda realtà di movimento, tipo il centro sociale Lambretta.
Ma torniamo al tappo che in troppi vorrebbero rimettere e, quindi, alle nostre responsabilità. Le narrazioni tossiche su Milano e gli insulti delle destre di governo non devono distrarci in un momento in cui Israele continua con il genocidio e intensifica la pulizia etnica a Gaza e in Cisgiordania, con il pieno e rivendicato sostegno di Trump e, di fatto, del governo Meloni. E in cui stanno iniziando gli attacchi veri e propri alla Global Sumud Flotilla.
Questo è il momento di intensificare la mobilitazione, stringendoci stretti e strette, e soprattutto di crescere, allargare e costruire convergenze nelle lotte, perché il tappo è saltato e non dobbiamo farlo rimettere.