Non se ne sono accorti in tanti, ma il 18 dicembre non hanno solo sgomberato il centro sociale Askatasuna, ma è stato anche dichiarato illegittimo il partecipatissimo sciopero generale del 3 ottobre scorso, convocato da diverse organizzazioni sindacali di base e dalla Cgil a sostegno della Global Sumud Flotilla, in quei giorni intercettata illegalmente in acque internazionali dalle forze armate israeliane. Una coincidenza più che emblematica, perché ci parla di un quadro politico sempre più insofferente verso ogni forma di conflitto sociale e teso verso il progressivo restringimento degli spazi di dissenso e opposizione.
Infatti, nella sua seduta del 18 ottobre, la Commissione di Garanzia dello Sciopero nei Servizi pubblici Essenziali (CGSSE) ha dichiarato illegittimo lo sciopero generale senza preavviso indetto dalle organizzazioni sindacali Cgil, Usb, Cub, Sgb, Cobas, Cib Unicobas e Cobas Sardegna, disponendo le prime sanzioni a carico dei sindacati, per ora nell’ordine dei 20mila euro.
La cosa più grave non sono tuttavia le sanzioni amministrative, ma la decisione in sé, poiché l’interpretazione della legge da parte della Commissione è fortemente condizionata da valutazioni di natura politica. Non si spiega altrimenti come mai in casi analoghi verificatisi in passato e a legislazione invariata, come nel caso degli scioperi generali senza preavviso contro la guerra del Golfo nel 1991 e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra in Jugoslavia nel 1999, la Commissione ritenesse di non dover sanzionare le organizzazioni sindacali, ma oggi invece sì.
Le mobilitazioni di settembre e ottobre contro il genocidio a Gaza e contro la complicità del governo con Israele, di cui il 3 ottobre ha rappresentato l’apice, sono state tra le più imponenti sin dai tempi di Genova e del movimento contro la guerra all’Iraq, ma soprattutto hanno rappresentato oggettivamente la sfida politica più significativa al governo Meloni, altrimenti piuttosto sereno con un’opposizione parlamentare inadeguata e senza bussola. Per questo bisogna spezzare le ali a chi non si adegua, che sia un centro sociale o un sindacato, e lanciare un messaggio al resto della società.
La deriva autoritaria del governo di destra-destra non ha tuttavia una semplice natura congiunturale, ma affonda le sue radici in una dinamica che viene da lontano, coinvolge l’insieme delle democrazie liberali occidentali e va di pari passo con la crescente disuguaglianza sociale, lo smantellamento del welfare e lo spostamento delle risorse pubbliche verso il riarmo.
Così stanno le cose e, quindi, nei giorni che verranno non potremo limitarci a fare le solite cose ognuno e ognuna per conto suo, magari aggrappandoci a fortini e identità, ma dovremo allargare e alzare lo sguardo, annodare e riannodare fili e costruire le convergenze necessarie.
Pubblicato su Milano in Movimento il 23 dicembre 2025
