Noi l’8 e 9 giugno non staremo a casa, ma andremo ai seggi e metteremo 5 sì nelle urne. Lo faremo senza illuderci che un referendum possa sostituire il conflitto sociale, premessa necessaria di ogni cambiamento sostanziale, ma nella consapevolezza che vada praticato ogni terreno utile per contrastare un modello sociale che costringe milioni di persone alla precarietà, al sottosalario e all’esclusione. E, oggi e qui, i quattro referendum sul lavoro e quello sulla cittadinanza rappresentano uno di questi terreni.
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