“Israele ha il diritto di difendersi”. Sembra incredibile, ma è passata solo qualche ora dall’attacco israeliano all’Iran ed è già tornato il solito ritornello, ovviamente condito con l’altrettanto classico invito alla moderazione. “Israele ha il diritto di difendersi” giustifica da decenni qualsiasi cosa decida di fare Israele. E giustifica quello che sta facendo oggi. Un anno e mezzo di massacro sistematico della popolazione di Gaza. Una distruzione talmente metodica e totale che solo un disonesto può non chiamarla con il suo nome: genocidio.
Read MorePalestina: la realtà dell’occupazione militare e la leggenda della legittima difesa
Finché si trattava di Sheik Jarrah, cioè dell’ennesima puntata della cacciata dei palestinesi dalle loro case, delle proteste (represse) contro la marcia dell’estrema destra sionista su Gerusalemme Est e dell’irruzione delle forze di sicurezza israeliane nella moschea di Al-Aqsa, i media mainstream nostrani hanno fatto come le tre scimmiette, che non vedono, non sentono e non parlano.
Read MoreSolidali con curdi e palestinesi, mai complici degli oppressori – in piazza a Milano sabato 27 giugno
Un giorno osannati, quello dopo di nuovo dimenticati, sempre costretti a giustificarsi e a barcamenarsi tra potenze che prima li usano e poi li gettano. È la storia di praticamente tutti i popoli senza terra, è sicuramente la storia di quello curdo e di quello palestinese. E poi ci sono momenti, come quello attuale, in cui l’oppressore di turno cerca di approfittare della congiuntura per dare una spallata decisiva.
Read MoreL'insostenibile solitudine del popolo palestinese
C’era una volta la solidarietà con il popolo palestinese. Nella sinistra politica, nei movimenti e tra i pacifisti era semplicemente una cosa scontata, ovvia. Anzi, in Italia sentirsi di sinistra e sentirsi solidali con i palestinesi era quasi la stessa cosa, faceva parte dell’identità. E così, ogni volta che Israele scatenava una delle sue periodiche campagne repressive o di guerra, c’è sempre stata mobilitazione e indignazione. Oggi, invece, dopo tre settimane di bombardamenti su quella prigione a cielo aperto che si chiama Gaza, con più di 1.200 morti, in grandissima parte civili, 5mila case rase a suolo e oltre 200mila sfollati, continuano a prevalere, salvo qualche eccezione, il silenzio e l’immobilismo.
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